sabato 9 maggio 2015

Grazie Mamma,
perché mi hai dato la tenerezza delle tue carezze,
il bacio della buona notte, il tuo sorriso premuroso,
la dolce tua mano che mi dà sicurezza.
Hai asciugato in segreto le mie lacrime,
 hai incoraggiato i miei passi,
hai corretto i miei errori,
 hai protetto il mio cammino,
 hai educato il mio spirito,
con saggezza e con amore
 mi hai introdotto alla vita.
E mentre vegliavi con cura su di me
 trovavi il tempo per i mille lavori di casa.

Tu non hai mai pensato  di chiedere un grazie. 
I tuoi occhi - A mia madreNon so cantare
Franco PastoreFranco Pastore
 
 
 
 
Solo quelli son rimasti,
lucidi di dolore
e bagnati di pianto!
Attenti ad ogni sospiro
ed avidi di vita,
più che mai.
I tuoi occhi,
che da sempre
precedono le parole
e danno voce al cuore,
gonfio di piccole cose,
colmo d’amore.
Occhi vissuti nel sole,
che chiedono luce,
avidi di natura,
di musica, di canto.
Occhi pieni di fiducia,
di fede, di speranza.
Occhi che si spengono
ai sogni,
e si aprono alla pace.
Occhi che continueranno
a sorridere, tra noi,
come un regalo
a Natale.
Da te
mi viene il seme
di Calliope‚
dai tuoi messaggi‚
dalle semplici parole‚
oh madre mia‚
così poco amata!
Negli occhi tuoi‚
quell’ansia di soffrire‚
tra aneliti di vita
e la paura di morire‚
scacciata coi canti
e coi sorrisi‚
scrutando‚ di nascosto‚
i nostri visi
e l’orma dei tuoi sogni‚
mai condivisi.
Oggi‚
come solingo rudere‚
sulla sabbia grigia
del mio io‚
li capisco i tuoi sogni
e le paure‚
ma non so cantare
le tue canzoni.
Solo vento
Franco PastoreFranco Pastore
 
 
 
 
Dopo lunghi silenzi,
dalle rughe della vita,    
con l’ansia del parlare,
con la voce della tua anima,
le tue parole.  
Pezzi di vita,
sospiri sussurrati al vento,
con la pazza paura
che qualcuno  
ne fraintenda il fine.
Pensieri semplici di madre,
affidati  al figlio,
con la preghiera, sommessa, di scusarla:
- Sai, io non ho la tua cultura!-
Oh madre mia!
Son io che non ho la tua umiltà,
né la grandiosità del tuo coraggio.
Con le lacrime agli occhi,
ringrazio Dio
per averti avuto quale maestra d’amore,
quello che ti rende
più grande di un dio
ed il più umile dei servi,
quello che  ti spacca il cuore
ed apre i cancelli dell’immenso.
È  come guardarti dentro
e capire  i tuoi silenzi
ed i tuoi sorrisi,
la tua bontà… il tuo amore per la vita.
Alla finestra aperta,
sulla via,
la faccia triste
e gli occhi
di mamma mia.
Ti cerco ovunque,
ma tu non ci sei,
abbraccio Dora
ed i brividi di lei.
Quant’ho temuto in cuor
questo momento,
la vita umana, infine,
è solo vento,
che s’agita tra i sogni
e la speranza,
che anche la morte
sia un’illusione.
Il sole brilla
ai gerani
sul balcone.
Non volevo nascere
Reno Bromuro
 
 
 
 
Non volevo nascere per farti torto, ero offeso
perché non avevi mantenuto le promesse.
Nelle brevi notti senza sonno sussurravi
"non scalpitare angioletto mio
sto preparando per tè tappeti di sole!"
Non volevo uscire dal tuo grembo perché
non eri riuscita nemmeno a rinnovare il pavimento.
Mi presero con la forza e mi voleste al mondo
ma mi rifiutavo di vivere. Mi deste di prepotenza
il latte d'asina. Come potevo accettarla
la vita se mia madre mi aveva mentito
e non ero ancora nato?
Sono passati gli anni. Mi trovo al tuo posto
anch'io ho mentito agli angeli miei
ma quanto avrei voluto tagliarmi la lingua
perché il regalo più bello l'ho avuto
da te vecchietta mia.
© Reno Bromuro - Napoli 2 luglio 1949
Ero appena giunto
Reno Bromuro
 
 
 
 
Ero appena giunto dove s'annida lo spermatozoo
che mi dicesti: "ama la vita e cresci sano e forte".
Ogni giorno mi decantavi la vita,
ma la tua voce come pianto giungeva.
Se tuo marito rincasava ubriaco
se non avevi pane da masticare
se non avevi aria per respirare
se ti sentivi sola
quando avresti voluto compagnia
se dovevi stare zitta
quando avevi voglia di cantare
a me ti stringevi e con voce dolorosa dicevi:
                 "nasci presto che la vita è bella".

Mi attaccai alla vita perché lo volesti
e non mi ribellai quando
col latte d'asina mi nutristi:
perché crescessi eri pronta a tutto.

Ti addossasti il dolore della vita
per darmi solo la parte più bella
ma i giorni di fame furono eterni.
In compenso venne tanta compagnia.

Pensando a quel giorno che il film volevo girare
impiccando uno dei fratelli ti grido:
grazie per aver alzato gli occhi dal ricamo.

Ama la vita, dicevi. E l'amo...
Ma vivo la fanciullezza negata
e solo dolore oggi è mio compagno.
Ad una grande Mamma…
Silvano Montanari
 
 
 
 
Ricordo, piccino, quando mi accudivi
con la dolcezza del tuo grande cuore
quando, ferito, dai doveri della Vita
lenivi le mie pene con il tuo Amore.

Azzurro, l’Angelo che ti teneva la mano
rosso, era il cuore, della tua passione
caldo, il pianto che scendeva muto
sulle tue guance ad ogni mio dolore.

Ora che il tempo è ormai fuggito
e come adulto, io ti sto osservando
ora, che i miei figli hanno bisogno d’aiuto
mi accorgo delle pene che hai patito.

Noi vecchi, piccoli, t’abbiamo conosciuto
quando il vigore ti bruciava in petto
quando la Vita, per tè era un successo.

Adesso, invece che ti vedo stanca
sola, senza più forza, l’Anima smarrita
mi rendo conto che per te, la Vita
ha ormai perduto così l’antico smalto.

Desidero però che tu conosca a fondo
quanto è grande il bene che ti voglio.
Occhi materni
Silvana Pagella
 
 
 
 

Guardando

il volto di mia madre,

il mio giovane sguardo
s’incanta
sui suoi occhi;
occhi d’una bellezza infinita,
occhi d’un verde caldo,
dolci e pii.
Sono iridi
che m’inducono

a riflettere,

che leggono

i miei dolori,

le mie ansie,

i miei timori.

Sono occhi

che sempre mi vedono,

pur da lontana.

Fissando le pupille

Di mia madre,

comprendo che la sua vita

non è stata felice.
Ella ha sofferto,
e, sempre, soffrirà
per me e con me.
Quegli occhi materni
Che contemplo ogni giorno,
mai una volta m’infastidiscono:
son occhi che m’amano
più degli occhi altrui.
O, cari occhi di mamma,
tesoro e conforto magnifico!
Austere e affrante, quasi presagendo il mistero,
quelle pupille di giorni scomparsi, oggi terse e generose,
ma poi umide e sempre più dolci, nel mio cuore penetrano,
le mie vene lacerano, quasi pruni di biancospino inaridito,
mentre frutici di rosso dolore, d’un rumore cupo,
stormiscono nell’anima.
Assente è il riverbero, disperso nel tempo,
del canto immaturo che salmodiava gioiosi versi,
in cielo librandosi, soddisfatto della tua melodica voce
mentre a casa rientravi la sera.
Ogni cosa è decisa, oggi:
in balia del dolore, le stanche tue membra,
i tuoi ultimi raggi di luna, i tuoi ultimi raggi di sole.
Un libro aperto sono i tuoi occhi privi di parole,
più eloquenti di ogni poesia e percepisco forte il tuo grido,
la tua rabbia, il tuo desiderio di non ceder le armi.
Però, nel consunto velario delle memorie, della mia fanciullezza,
permango tristemente inerme, in quella casa oggi deserta,
dove solo rumore è la quiete,
ma dove il tuo amore, eternamente respira.
 
Ora Nel Vento - Luciano Somma
 
 
 
 
Nell’oceano
Dei tuoi desideri repressi
Navigava il tuo credo di madre
Per istinto felina e protettiva.
“ Donna partorirai con gran dolore… “
e lo sapevi quando, per vocazione,
sentivi dentro al tuo ventre
ad ogni parto
i palpiti e gli spasmi
e tu stringevi i denti
senza un lamento piena d’emozione.
Poi ad uno ad uno, col passar degli anni,
ti lasciarono sola per andare
in una terra dove il pane è duro
a fare i vu’ cumprà o gli accattoni
ma tu non lo sapevi.
Nell’ultimo sospiro li chiamasti
come un appello antico, una preghiera,
e in quel momento
non tutti li vedesti al capezzale.
Ora madre senza confini, senza più desideri
tu certamente ascolti
echi dei vu’ cumprà, di quei tuoi figli,
nel vento, nell’azzurro, nella pace
dei tuoi incomunicabili silenzi…
La matri mia 
(Carmelo Vaccaro)
Mi ricoddu ddu iornu quannu minnii
pirchi ora l'aiu caputu che dda ti pirdii,
Cuntu li iorna che aiu passatu senza di tia
ni stu paisi che ora vidu tristi comu a mia.
Ti lassai chiancennu ni na seggia
senza pinzari che stava iernu ni na caggia,
lu tiempu a passatu senza pinzari
che m'avissu piaciutu vidiriti 'nvicchiari.
Ni stù avissi vulutu stàriti vicinu
ppi farimi accucciari, vasari e tiniriti li manu,
li stissi manu che quann'era picciriddu
mi cummighiavanu ppi 'un sintiri friddu.
'un ci nnè paroli ppi cuntari la luntananza
di stà mamma che campa cu la spiranza.
mi ricoddu ddu iornu quannu minnii
pircchi ora l'aiu caputu che dda ti pirdii.
Silvana Pagella
 
 
 
 
È ancora presto,
mamma,
parlare d’avversità:
ascoltiamo,
ora,
la soffice terra
che si ridesta
col suo grave respiro.

Sentiamo:
è primavera,
e la natura
si riveste
di colori vivaci
canta
intorno a noi.
Attualmente,
esiste solo il presente,
mamma.

È ancora presto,
mamma,
pensare
alla desta tristezza
del domani;
oggi,
ricordiamo i fiori
che ci richiamano
alla cortese attenzione
delle nostre pupille.

Seguiamo
il mutamento
del firmamento,
sopra di noi,
che varia tinte tenui
e stupende.
L’eternità è fatta d’oggi,
mamma

Origliamo,
nella quiete
più assoluta,
la soave eco
dell’apparente freschezza
ed allegra stagione
di primavera,
mamma!
Vita di mamma
 
 
 
 
Guardo il suo viso
e vedo il tempo andato...

Tracce di polvere
sul suo lento andare
Macchie di penna
sul suo viso spento
Squarci di sole
nei suoi occhi vivi,
nei suoi occhi in cerca
di mille perchè,
di mille speranze.
Vita di mamma,
di mamma mia adorata
Vita riflessa
nei miei occhi tristi.
Troppo poco
per una vita,
una vita
che non vuol fermarsi
al nostro bivio,
regalarci un sentimento.
E il tempo va...
Il tempo,
un soffio di poesia
che si posa sull'argento.
(Poesia trovata su internet di cui non conosciamo l'autore)
Mamma
 
 
 
 

mamma,
non piangere più, mio amato bene,
che più della vita mia sei ogni cosa,
tutto di me, mamma, t'appartiene,
vorrei blandire ogni tua pena oscosa
per te darei la giovinezza mia
come tu l'hai data a me,
e quando s'addensa la malinconia
vorrei cullarti con un dolce canto.
Se a volte, mamma, scordo la tua pena
fammi sentire appieno l'amarezza,
voglio che tu sia sempre serena
e meritar da te ogni carezza.
(Poesia trovata su internet di cui non conosciamo l'autore)
Mamma
 
 
 
 
 
L'amore vero che di più si sente,
che dentro il cuore è come una gran fiamma,
è uno solo, uno solamente:
l'amore che si sente per la Mamma.

Il nome Mamma, è il nostro pio riparo,
da ragazzetti, fino in sepoltura;
ed è speranza, vita e grande faro:
magico dono di Sacra Natura.

La Mamma è una persona cara e dolce,
che porta pace in questo mondo rìo...
ed è un toccasana, quando molce,
la vita all'uomo, dopo il Sommo Dio.

Mia Madre conta già ottantun'anno
ed è tuttora vispa, qual fanciulla,
sebbene ha conosciuto ogni malanno
d'una vita penosa, scialba e brulla.

E se per caso, d'Ella m'allontano,
assai ci soffro ed in mio cuore bramo:
presto ritorno, le bacio la mano,
e stiamo insieme, come frutto a ramo
(Poesia trovata su internet di cui non conosciamo l'autore)
Mamma Parola D’Amore
Anna Marinelli
Mamma, il tempo chiede asilo
allo stupore delle tue pupille
e l’alfabeto attinge
alla ricchezza dei tuoi vezzeggiativi.
Mamma, tu detieni le chiavi
del sole inesauribile,
anche quando, nuvole di pianto solcano il tuo viso
e la casa sprofonda in una nebbia di silenzio.
Mamma, mi donasti un’ infanzia
di pane fragrante, di acqua di fonte,
di uve passite al sole del sud.
Serbo ancora, intatta, l’innocenza
che in giorni lontani plasmasti con le tue mani
avvezze a scalare montagne di fatica.
Mani abili a cucire cieli
per i nostri aquiloni di fanciulle,
per i nostri saltelli alla campana,
nei meriggi assolati, di controra.
Mamma, riaffiora dal video dei ricordi,
il profumo di mirto dei tuoi bucati,
quel candore di percalle e di vigogna
di cui il mio Dash ultrabianco si vergogna.
Tu sai di ninne-nanne e di carezze
di inverni col braciere e di certezze,
di camiciole di tiepida flanella
per rendermi l’infanzia ancor più bella.
Mamma, sei quell’albero frondoso
che agli affanni della vita dà riposo,
e nulla chiede, nulla per sé spera,
solo un sorriso, solo una preghiera.
Mamma, parola d’amore,
sia se detta dal labbro di un bimbo,
sia se detta da un vecchio che muore.
Quale meravigliosa alchimia il cuore infiamma
ogni volta che un figlio chiama, Mamma.
Supplica a mia madre - Pier Paolo Pasolini 
 
 
 
 
E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.

Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Se fossi pittore

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni:
mia madre ha sessant'anni,
e più la guardo e più mi sembra bella.

Non ha un accenno, un guardo, un riso, un atto
che non mi tocchi dolcemente il core;
ah, se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto!

Vorrei ritrarla quando china il viso
perch'io le baci la sua treccia bianca,
o quando, inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso

Pur, se fosse il mio priego in ciel accolto,
non chiederei di Raffael da Urbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto;

vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei,
veder me vecchio, e lei
dal sacrificio mio ringiovanita.
(Edmondo De Amicis)

post mamma

Lettera alla madre - Salvatore Quasimodo

<il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d’acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi,
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d’amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo.>> - Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore,
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
<di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d’eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell’ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l’orologio in cucina che batte sopra il muro,
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dulcissima mater.>>
A mia madre - Eugenio Montale
Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce nel sonno eterno, rotta
felice schiera in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un'ombra la spoglia
(e non è un'ombra,

o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto d'una
vita che non è un'altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell'eliso
folto d'anime e voci in cui tu vivi;
e la domanda che tu lasci è anch'essa
un gesto tuo, all'ombra delle croci.
La madre - Giuseppe Ungaretti
 

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
 
In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all’Eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
 
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
 
E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
 
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Antonio de Curtis